alba a pierino

alba a pierino

martedì 31 agosto 2010

Punta Ala

Pomeriggio di ricordi...




Liberato dagli impegni mattutini, sono passato a trovare la bimba al mare, con la mamma e i nonni.




Abbiamo preso un motorino a noleggio e abbiamo preso a scorrazzare attorno a Follonica.





Gira gira, abbiamo pensato di andare a fare il bagno a Cala Violina. Ma dovunque si provasse a passare per avvicinarsi, ci restava sempre troppa strada da fare a piedi. E siccome tutti e due avevamo voglia "di andare in motorino", niente Cala Violina, niente bagno in mare.





Così, gira gira, abbiamo preso la strada per Punta Ala, ed io ho rivisto la strada che, poco più grande della mia bimba, facevo quando la mia sorella Seconda e il mio cognato, allora suo fidanzato, mi portavano al mare con loro.
Mi ricordo ancora il maggiolone bianco (o crema?), e un sacco di odori ed immagini.



Poco prima di Punta Ala, nella boscaglia, lungo la strada, ci siamo fermati ad una capanna che sembrava un vecchio locale.


Era "Il Salto della Capriola".
Abbiamo superato la recinzione ed abbiamo sbirciato dentro.
Mi era tutto così familiare, ed era come se vedessi muovere tutto questo...

E poi siamo arrivati a Punta Ala.
Anche se la famosa, opulenta, industriale ricchezza degli anni '80, è ancora visibile e tangibile nel fasto di alcuni bagni, oggi tutto questo è dietro alti recinti e robusti cancelli.

Mentre fuori da essi sembra tutto un po' trascurato, impolverato.

Anche il campo da Polo, simbolo della nomea aristocratica di Punta Ala, sembra abbandonato da anni.


Ci fermiamo a fare uno spuntino al BeachGolf, un bagno "aristocratico", in perfetto stile anni'80.
Mentre aspettiamo l'ordinazione mi metto a cercare sul mio web-in-tasca notizie su Punta Ala. Trovo questo curiosi aneddoto.
Rassegna Stampa, La Nazione del 7 agosto 2008.
"Ma nel 1933 Balbo era ancora sulla cresta dell’onda e nell’agosto di quell’anno, Mussolini e l’intera famiglia reale si erano addirittura trasferiti a Orbetello per festeggiare il ritorno degli “atlantici” dalla loro prima trasvolata. Fu appunto in quel- l’occasione che Punta Troia cambiò nome. Ma ecco come a andarono le cose.
Il Duca Amedeo d’Aosta, anch’egli reduce della trasvolata, aveva presentato Balbo alla principessa Maria Josè la quale, dopo avere manifestato ammirazione e simpatia per l’affascinante trasvolatore, gli aveva espresso il desiderio di visitare gli idrovolanti ormeggiati nella loro base. Questa base, come si è detto, era situata appunto a Punta Troia e poiché la principessa, con un sorriso malizioso, aveva osservato che quel nome era assai poco eroico e piuttosto sconveniente, Balbo, cavallerescamente, la ribattezzò sull’istante Punta Ala. E quel nome le è rimasto.
"

Dentro questo articolo ci sono anche altri interessanti "aneddoti"...
http://www.provincia.grosseto.it/rassegna/text.php?text=t132408

Nel frattempo Agnese smarrisce il suo telefono. Fa prima a trovarci chi ha raccolto il telefono, che noi ad accorgerci di averlo perso.
Qui un telefono usato non serve a nessuno....

Pomeriggio ventoso, fresco, quasi che la maglietta è un po' troppo "sottile" per andare in motorino.



Fotografo un gabbiano che ci vola sopra, mentre viaggiamo in motorino.



Finiamo a giocare a Minigolf. Altra mia grande passione giovanile.




Riesco a stare due punti sopra al par, non male per aver ripreso in mano la mazza dopo 10 anni.

lunedì 30 agosto 2010

marmellata alle mele verdi

A forza di dirlo, alla fine l'ho fatto.
Qui a Pierino, vicino alla serra-magazzino, c'è un albero di mele verdi.
Hanno un sapore antico, aspro e stopposo. Ma dopo averle masticate lasciano un gusto speciale in bocca.
Ma non è semplice mangiarle.
I primi due anni avevo notato che tante ne cadevano, tante ne sparivano. Quest'anno in terra ce ne sono tantissime, li marciscono.
Sarà che quest'anno di cinghiali vicino a casa ancora non ne ho visti, e neppure di istrici.
Ma stasera, alla fine, l'ho fatto.
Le ho colte, lavate, pulite, tagliate, messe in pentola con un po' di zucchero, e c'ho fatto la marmellata.


E siccome avevo comprato un bel po' di vasetti, sono salito, senza scala, sul fico del vicino, ed ho colto un po' di fichi e poi anche delle prugne.
Così ho fatto la marmellata anche con quelli.
Le ho già assaggiate, e la marmellata di mele verdi non la batte nessuno.

Ecco la ricetta, frutto dell'adattamento di una ricetta trovata sul web (naturalmente!).
Ho utilizzato mele verdi, zucchero in rapporto 1:0,5 e il succo di un limone.



INGREDIENTI
: (6 vasetti da 250 gr)


1400 gr mele verdi (pulite, ma non sbucciate e private solo del torsolo)

700 gr zucchero semolato

succo di 1 limone



PROCEDIMENTO


Sapendo che la buccia delle mele contiene molta pectina, e visto che questi frutti sono più che biologici, in quanto spontanei, ho pulito le mele alle estremità, tolto i torsoli, lasciando la buccia ben lavata. Ho tagliato a piccoli cubetti e messo a cuocere in una pentola, con lo zucchero e il succo di un limone.

Ho fatto bollire per circa 50 minuti.
 Sulla piastra ad induzione, quella piccola da 800 watt bolliva già a livello 3!
La marmellata è risultata densa, e con tanti bei pezzettini di mela.

Nel frattempo avevo lavato i barattoli e i coperchi i lavastoviglie, con programma intensivo.

Ho fatto questa operazione in modo da averli pronti proprio a fine cottura delle tre marmellate.


Ho riempito 6 vasetti e li ho subito capovolti e messi a raffreddare, in modo da ottenere il sottovuoto.




CONSIDERAZIONI


Il colore e la consistenza di questa marmellata mi piace un sacco.
Ma il sapore ancor di più. E' poco dolce, ed ha un profumo buonissimo.
Di marmellata di fichi ne sono venuti 4 vasetti, e di quella di prugne 2 vasetti.

domenica 29 agosto 2010

visita a Barbiana

Oggi una serie di motivi mi avevano portato nel Mugello.
Ma nessuno di questi aveva a che fare con la cosa più interessante che mi sono trovato a fare oggi.

Dell'esperienza di Don Milani ne sono affascinato dai tempi della scuola media, di quando il professore di Italiano ci raccontò della scuola di Barbiana, e ci fece leggere "Lettera ad una professoressa".
Ho sempre pensato che un giorno sarei dovuto andare in questo luogo, che per me è sempre stato il luogo dove la cultura è diventata popolare.
Il luogo dove la cultura ed il sapere, è stato possibile metterli a disposizione di tutti.
Indipendentemente non solo della provenienza sociale, ma anche dalle capacità dei singoli.
Nel 1997, quando in tv dettero "Don Milani il priore di Barbiana", interpretato da Castellito, quella necessità di andare si fece più forte. Rilessi anche "lettera ad una professoressa". Ma poi, nonostante più volte avessi avuto l'idea di partire, non sono mai andato a Barbiana.
Anche oggi non era in programma. Ma quando ho visto il cartello, sulla strada per Vicchio, ho svoltato, senza neppure pensarci su.

Lungo la strada per Barbiana, il primo, crudo confronto con la Storia.

La strada è asfaltata ma molto stretta, alberi ai lati, che risale, a tornanti il Monte Giovi.
In prossimità di un ponte su di un torrente, c'è un monumento commemorativo. Una lapide con 14 nomi. Si tratta del luogo esatto dove avvenne un'imboscata a dei soldati tedeschi, e dove poi si consumò la rappresaglia stessa.

La Storia racconta:
"La mattina del 10 luglio 1944, quando alla fattoria del dott. Aldo Galardi, situata in località Padulivo, lungo la salita per Barbiana, che era diventata come una frazione, visto che ospitava circa 150 persone sfollate da Vicchio, si presenta un reparto di soldati delle SS con l'intenzione di saccheggiare bestiame e viveri.
Difatti i comandanti chiedono di sfamarsi loro e i propri soldati. Mentre si stanno sfamando, gli ufficiali vengono raggiunti da uno dei soldati che dovevano controllare il territorio, il quale li avvisa che nella stalla ci sono degli escrementi di cavallo ma non c'e presente l'animale. Dopo un interrogatorio vengono a sapere che il cavallo era stato preso dai partigiani.
Viene ordinato alla donna che ha riferito il fatto, che se non vuole far scatenare una rappresaglia, deve andare a recuperare l'animale.
La donna parte immediatamente e nel giro di un ora torna con la bestia.
I tedeschi ripartono portandosi via tutta la roba che hanno sequestrato, ma poco dopo finiscono in un imboscata tesa loro dagli stessi partigiani che avevano preso il cavallo. Un tedesco muore e un altro rimane ferito, e i partigiani si dileguano.
I tedeschi ritornano immediatamente alla fattoria di Padulivo dove il dottor Galardi li aiuta a curare il soldato ferito.
Appena finito di curare il soldato, le SS arrestano tutte le persone che riescono a trovare nella fattoria e li fanno assistere mentre incendiano tutte le abitazioni, quindi li fanno marciare in direzione di Vicchio e giunti nel luogo dove era avvenuta l'imboscata da parte dei partigiani, fucilano 10 uomini e la donna che era andata a recuperare il cavallo. Una delle vittime è il dottor Galardi.
I superstiti vengono rinchiusi in una stalla che si trova nelle vicinanze, dove durante la notte le donne subiscono abusi sessuali, e avvisati che all'alba sarebbero stati tutti uccisi.
Invece il giorno dopo i prigionieri subiscono un interrogatorio e vengono rilasciati, tranne 4 uomini e tre donne, dicendo che gli servivano per cucinare.
Quindi si fanno aiutare dai quattro uomini prigionieri a caricare sui camion il bestiame che hanno razziato, e dopo li uccidono."





Barbiana non è un vero e proprio paese, ma semplicemente un gruppo di case, una ventina, sparse sul fianco della montagna, tra il bosco e i campi circostanti la canonica, raggiunte dalla strada.
Quando si arriva in prossimità della Chiesa di Sant'Andrea a Barbiana, il panorama si apre sul Mugello.

Quando Don Lorenzo Milani, a causa degli screzi con la curia di Firenze, fu mandato a Barbiana, l'ultimo tratto della strada per la chiesa non era percorribile dalle automobili.
Era il 7 dicembre 1954 quando arrivò a Barbiana, e non c'erano strade, acqua, luce e scuola. All'epoca la popolazione di Barbiana ammontava a 40 persone. Don Lorenzo Milani fu un sacerdote di 31 anni mandato quassù per farlo tacere, dato che nel suo apostolato applicava il Vangelo senza alibi e compromessi.



La chiesa di Sant'Andrea a Barbiana è stata consacrata nel 1568.


«Quando ci si affanna a cercare apposta l'occasione pur di infilare la fede nei discorsi, si mostra d'averne poca, di pensare che la fede sia qualcosa di artificiale aggiunto alla vita e non invece "modo" di vivere e di pensare.»
(Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana).



A Barbiana, Don Lorenzo Milani costituì un'esperienza educativa, rivolta ai ragazzi che avevano finito gli studi della scuola elementare, espressamente rivolto alle classi popolari, dove, oltre ad essere il primo tentativo di scuola a tempo pieno, tra le altre cose, sperimentò il metodo della scrittura collettiva.
La sua scuola era alloggiata in un paio di stanze della canonica annessa alla piccola chiesa di Barbiana, ma con il bel tempo la scuola veniva fatta all’aperto, sotto il pergolato. La scuola di Barbiana era un vero e proprio collettivo dove si lavorava tutti insieme, dove la regola principale era che chi sapeva di più, aiutava e sosteneva chi sapeva di meno, 365 giorni all’anno.

«Non c'è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali.»
(Lettera ad una professoressa)



Entrando nella stanza dove c'era l'aula della scuola, lo sguardo si posa subito sulla scritta che riporta il motto della scuola di Barbiana, e del metodo educativo stesso di Don Milani.
"I CARE. E' il motto intraducibile dei giovani americani migliori. -Me ne importa, mi sta a cuore- . E' il contrario esatto del motto fascista -Ma ne frego-. "


Dentro l'aula troviamo due "ragazzi di Barbiana", due dei primi sei alunni.
Uno lo conoscevo già. Michele Gesualdi, presidente della Provincia di Firenze dal 1995 al 2004.
L'altro è Agostino Burberi, che inizia a raccontare ai presenti, siamo circa una decina, storie e aneddoti della scuola di Barbiana.
La ricreazione, il gioco, non esistevano. C'era solo lo studio, 12 ore al giorno. Ma tutto era fatto in modo che non pesasse.

Così un giorno il pallone e gli attrezzi del ping pong finirono in fondo a un pozzo che era in mezzo al cortile della canonica e don Lorenzo organizzò una scuola serale per giovani operai e contadini. "La scuola era il bene della classe operaia, la ricreazione la rovina; bisognava che i giovani con le buone o con le cattive capissero la differenza e si buttassero dalla parte giusta".

La nostra scuola è in due stanze della canonica più due che ci servono da officina.
D’inverno ci stiamo un po’ stretti. Ma da aprile a ottobre facciamo scuola all’aperto e allora il posto non ci manca!
Ora siamo 29. Tre bambine e 26 ragazzi.
Soltanto nove hanno la famiglia nella parrocchia di Barbiana.
Altri cinque vivono ospiti di famiglie di qui perché le loro case sono troppo lontane.
Gli altri quindici sono di altre parrocchie e tornano a casa ogni giorno: chi a piedi, chi in bicicletta, chi in motorino. Qualcuno viene molto da lontano, per esempio Luciano cammina nel bosco quasi due ore per venire e altrettanto per tornare.


I presenti fanno domande, i "ragazzi di Barbiana" ci raccontano e si raccontano.
Nasce un dialogo, l'oggi si mischia con il passato, la memoria con la filosofia...

sabato 28 agosto 2010

forno a legna a Pierino

Sabato dedicato ad un grande progetto.
Ho spostato il mio vecchio forno a legna, dalla casa di San Miniato Basso, a qui a Pierino.
E' un forno che usano gli amici della Festa dell'Unità di San Miniato Basso, negli anni '90.
Glielo chiesi in prestito per fare le pizze il giorno del battesimo della mia bimba, 11 anni fà.
Era già malandato, tanto che era almeno un anno che non l'usavano più.
lo andai a prendere con il trattore, ha le ruote.
Nell'inverno successivo, il forno crollò.
Con la promessa al contrario, cioè che io lo avrei riparato, e lo avrei prestato agli amici della Festa dell'Unità nel caso ne avessero bisogno, feci ricostruire a mie spese il forno.
Adesso è quassù a Pierino.

Ho dovuto chiedere l'aiuto di un camion con gru. Troppo lunga la strada da San Miniato Basso a qui.
E' stata un'impresa tirarlo fuori dal giardino della mia vecchia casa.

Ma una volta caricato, tutto è stato più semplice.
L'ho piazzato di fianco alla tettoia per la macchina, ed ho iniziato a pavimentarlo intorno.



Per il momento ho rimontato il vecchio tetto, ma lo dovrò rifare...



venerdì 27 agosto 2010

svegliarsi all'alba

Quando mi capita di svegliarmi all'alba, vedere il sole che spunta da dietro la collina, che inonda della sua luce, che svela velocemente tutto il paesaggio, è come se quell'energia prendesse anche me.
Tutto mi sembra propizio.
I nuovi progetti, i cambiamenti, i nuovi impegni, nuove direzioni di vita...
Tutto sembra fattibile, per tutto sembra che ci sia tempo a sufficienza...
L'alba mi mette coraggio...

Dallo specchio del bagno, mentre mi faccio la barba, vedo la luce di quest'alba, mentre, sottovoce, la radio suona Ivano Fossati (il bacio sulla bocca).

Mi vedi pulito pettinato
ho proprio l'aria di un campo rifiorito
e tu sei il genio scaltro della bellezza
che il tempo non sfiora
ah, eccolo il quadro dei due vecchi pazzi
sul ciglio del prato di cicale
con l'orchestra che suona fili d'erba
e fisarmoniche
(ti dico).

Bella,
che ci importa del mondo
verremo perdonati te lo dico io
da un bacio sulla bocca un giorno o l'altro.

Ti sembra tutto visto tutto già fatto
tutto quell'avvenire già avvenuto
scritto, corretto e interpretato
da altri meglio che da te.