alba a pierino

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martedì 4 settembre 2012

hanno fatto di più di quello che potevano



Lo scorso 10 agosto è nata un'amicizia in nome di una comune passione.
Quella sera avevo assistito allo spettacolo, messo in scena al Festival del Pensiero Popolare di San Miniato, dal titolo "
farò quel che potrò", una commovente rivisitazione del Don Giovanni di Mozart, ad opera del gruppo Co.Re, composto da operatori ed ospiti delle residenze per anziani della zona.
Che si svolse nel cortile della RSA Del Campana-Guazzesi, diretta dall'amico Delio Fiordispina.





Con Luca Carli, l'animatore del gruppo, è nata una piacevole collaborazione, che mi ha permesso di poter assistere ad una replica speciale di quello spettacolo.
Oggi "farò quel che potrò" è stato rappresentato all'interno dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario della villa medicea dell'Ambrosiana a Montelupo Fiorentino.



All'ingresso abbiamo fatto tutti i conti con le disposizioni restrittive richieste dalla situazione organizzativa di un classico istituto di pena.
Io ho avuto il permesso speciale di portare all'interno la mia macchina fotografica, e di poterla usare secondo le indicazioni e le direttive che mi sono state date da uno dei responsabili del corpo di guardia.
Il linea generale ho dovuto evitare di ritrarre parti sensibili dell'interno dell'istituto, quali ad esempio le recinzioni, o i detenuti i quali non hanno dato liberatoria per essere ritratti in immagini.

Lo spettacolo di è svolto davanti l'ingresso principale della villa medicea, sulla sommità delle scalinate.


Il gruppo di attori ha provato le posizioni sulla platea, ha ultimato il trucco, e poi si è sistemato all'interno, nel corridoio d'ingresso della villa, in attesa del pubblico.




I ragazzi ospitati nell'istituto sono arrivati in tre gruppi, e si sono seduti sulle panche, assieme ai loro assistenti ed educatori.
L'atmosfera, già resa confusa da un tempo incerto, e folate di vento che di tanto in tanto scompigliavano capelli e spartiti, si è fatta gravida di attese, con sguardi curiosi e sospettosi al tempo stesso.





Quando la platea si è riempita, e la direttrice dell'OPG ha presentato lo spettacolo, gli attori sono usciti dal portone.
L'ingresso è stato suggestivo.
Mentre le voci narranti iniziavano a presentare lo spettacolo parlando di veglie, e storie da ascoltare.



Il racconto degli amori degli ospiti delle case di riposo, fatto dalle voci narranti, si alterna alle canzoni degli anziani attori, sulle note della fisarmonica di Simone Faraoni.






Commoventi le storie d'amore raccontate, struggenti come ricordi collettivi d'infanzie e giovinezze, rese ancor più emozionanti dal luogo e dalla platea. Che dopo l'iniziale confuso smarrimento iniziale, diviene subita attenta, partecipe ma soprattutto sorpresa.







E' la forza della musica, di un linguaggio che raggiunge, anche con diverse note, a tutti.




Sentirsi raccontare l'amore da persone che alla vita hanno già dato tanto, e che sembra che la vita non abbia più niente da dare a loro, commuove scioglie anche questi ragazzi.
Sono tutti molto giovani, visibilmente scossi nello sguardo, e nei gesti, dalla malattia che in qualche modo li ha condotti lì, ha passare parte della loro vita a combattere contro se stessi e contro il tempo. I giorni a cui dover dare un senso.




Lo spettacolo si conclude. Lo trovo riuscito, molto più della rappresentazione di San Miniato. Più sciolto, corale e partecipato.
Forse è stata anche la situazione. I nonni danno sempre il meglio di sé, quando hanno l'opportunità di far condividere le loro esperienze, un po' come fanno con i nipoti. Sanno dare amore, per guadagnarsi amore.


Dopo lo spettacolo c'è un momento di confronto con i ragazzi dell'istituto, colgono il messaggio, dell'importanza dell'amore nella vita, e di questo ringraziano.

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